La collezione delle meteoriti del Museo di Mineralogia

Le meteoriti attualmente esposte al Museo di Mineralogia sono  

Juvinas 

Ensisheim 

San Donnino 

Salles 

Alfianello 

Bitburg 

de l’Aiglie 

Stannern 

Krasnojarsk 

La meteorite di Renazzo (Ferrara) è una rarissima condrite carboniosa del sottogruppo CR, le più primitive del sistema solare, con una composizione molto simile a quella del sole (ad esclusione di elio e idrogeno), caduta nel gennaio del 1824. Caratteristiche sono la matrice nera e la presenza di minerali contenenti acqua (silicati idrati). Esistono solo 25 condriti CR note e si ipotizza che questo esemplare provenga dall’asteroide Pallas, il secondo più grande del sistema solare. Attualmente non è esposta perchè oggetto di studio. 

Le meteoriti di Juvinas e di Stannern sono eucriti provenienti dall’asteroide Vesta. 

Krasnojarsk è la prima pallasite costituita da olivina e lega metallica di Fe-Ni.  

Due meteoriti appartengono a eventi di caduta proprio nelle zone vicine a Parma: Borgo San Donnino e Alfianello entrambe appartenenti a tipologie comuni di meteoriti, rispettivamente LL6 e L6; entrambe sono di numero 6 indicante una intensa deformazione e fratturazione che rende poco visibili i condruli.  

La meteorite di Borgo San Donnino (antico nome di Fidenza) appartiene a uno sciame caduto il 19 aprile 1808 nei pressi della Pieve di Cusignano (Fidenza). Giovanni Battista Guidotti, professore di Chimica e Storia Naturale, nella sua pubblicazione “Memoria fisico chimica sulle pietre cadute dall’atmosfera nel circondariato Borgosandonnino”, riporta le testimonianze circa gli avvenimenti del 19 aprile 1808 e propone l’ipotesi di formazione per “condensazione atmosferica di materia solida”, riconoscendo che molti costituenti non sono correlabili a rocce terrestri. È una condrite del sottogruppo LL6 costituita da olivine-pigeoniti o anfoteriti 

La meteorite di Alfianello (Brescia), caduta il 16 febbraio 1883, è descritta su Nature di quello stesso anno [1883, 27, 511]. È una condrite del sottogruppo L6 costituita da olivine-ipersteni.  

Fino alla fine del XVIII secolo si pensava che queste formazioni fossero di origine vulcanica ma gli studi di Ernst Chladni del 1794 e di Jean Baptist Biot del 1803 riuscirono a dimostrarne scientificamente l’origine extraterrestre. Nel XIX secolo inizia così lo studio sistematico delle meteoriti e delle loro caratteristiche che porta alla comprensione dell’origine del sistema solare. La collezione delle meteoriti

La misteriosa Collezione di Padre Fourault

Trentacinque uccelli e un mammifero, tassidermizzati e racchiusi in campane di vetro, sono quanto rimane della  collezione originaria, concepita da Jean Baptiste Fourcault che, ancora intatta a distanza di oltre due secoli, rappresenta l’origine del Museo di Storia Naturale dell’Università di Parma, nonché una delle più antiche collezioni zoologiche conservate all’interno di un museo italiano.

Jean Baptiste Fourcault, frate del Convento dei Minimi, nasce in Francia nel 1719. Noto sia per le sue doti di imbalsamatore e illustratore di animali che per le rilevanti ricerche sistematiche, è nominato a Parma nel 1763 ornitologo presso la Corte Ducale di Filippo I di Borbone. In pochi anni Fuorcault porta a compimento la sua opera: una fondamentale collezione ornitologica che dà origine nel 1766 al Gabinetto di Ornitologia divenuto in seguito Museo di Storia Naturale, da lui diretto fino alla sua morte, nel 1775.

Presso il Museo di Storia Naturale è oggi visibile la collezione, posta in una vetrinetta della stessa epoca. Disposti su tre file troviamo 11 vasi integri, perfettamente conservati, che contengono, in senso orario da destra in basso: Scoiattolo (e due noci);· Pettirosso; Passera d’Italia (m.); Averla piccola (m. e f.); Fringuello (m.);· Codibugnolo; Regolo; Canarino; Cutrettola (2 esemplari); Cinciallegra; Ortol-no;· Balestruccio; Usignolo; Culbianco (m.); Ballerina bianca; Rondine;· Averla cenerina (2 esemplari);· Assiolo (e tre uova);· Verdone; Strillozzo;· Picchio verde; Picchio rosso maggiore;· Storno roseo (e due uova);· Ghiandaia;· Parrocchetto dal collare (e due uova, due noci, Vanessa atalanta, Cervo volante.

Il mistero della sua opera

Le campane di vetro presentano come unico accesso una imboccatura estremamente piccola, che è stata sigillato dopo avervi introdotto gli animali, tutti di dimensioni ben superiori all’imboccatura e in pose assolutamente naturali e piuttosto complicate da ottenere. Impossibile comprendere la tecnica utilizzata da Fourcault, che ha da allora incuriosito molti studiosi: essa rimane ancora oggi un mistero mai svelato del quale Fourcault rimane l’unico inventore e depositario. Gli stessi vasi sarebbero unici, almeno per questo tipo di impiego, forse fatti realizzare appositamente dallo stesso Fourcault.

Nel 1884, l’allora direttore del Museo Pellegrino Strobel, così descriveva la collezione: «Si tratta di una dozzina di campane a piedistallo, di vetro, aperte solo in alto mediante un foro circolare del diametro di 15 a 30 millimetri, che venne chiuso da tappo di legno fermato internamente per mezzo di legnetti trasversi, oppure da tappo di vetro, per modo da non poter più essere levato..

Gli animali imbalsamati, quasi tutti uccelli, rinchiusi in quelle campane di vetro, sono ancora, dopo oltre un secolo, perfettamente conservati ed intatti, senza traccia alcuna di tarlo. Essi vi si trovano collocati come certi giocattoli in bottiglie, provenienti dalla Germania (Norimberga?)” (Pellegrino Strobel. Il Gabinetto di Storia Naturale della Regia Università di Parma. Tip. Rossi – Ubaldi, Parma 1884)

La ghiandaia

A rirpova della segretezza della sua tecnica, Fourcault, con l’arguzia tipica dei naturalisti del secolo dei Lumi, inserì nel becco della Ghiandaia un piccolo cartiglio con la scritta: “J’atteste que le p. Fourcault Minime m’a fait entrer dans ce cylindre par son orifice 1774”, che tradotto suona così: “Confermo che il padre Fourcault mi ha fatto entrare in questo vaso passando dalla sua apertura”.

L’assiolo

Il vaso contenente l’Assiolo reca una dicitura in francese, applicata sull’asse del posatoio, che protesta l’onestà della costruzione dello stesso: «que le lecteur ne s’imagine pas que ce juchoir ne soit composé que de trois pièces comme il le parait et qu’il n’ait pu passer par le col du cylindre c’est une erreur des plus grossières. À la cour de Parme le 4 mai 1773».

Il messaggio nella campana

All’interno di una campana è contenuto un biglietto in lingua francese che si suppone autografo di Fourcault, che è una sorta di testamento spirituale della sua tecnica, che recita : “Il padre Jean Baptiste Fourcault, dei frati minimi francesi, ornitologo di Sua Altezza Reale, il giovane Duca di Parma, è nato a Fontaine francaise, nel Ducato di Borgogna, presso Digione, il 4 maggio 1719. La procedura di chiudere gli oggetti nel cilindro introducendoli attraverso il suo piccolo orifizio fu da lui ideata nel 1765 dopo una lunga serie di anni di prove che portò alla perfezione nel 1771. É un segreto di cui egli è inventore e unico possessore”